martedì 20 dicembre 2011

MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI E PRATICA DELL’INFIBULAZIONE... E L' ISLAM



Introduzione :

Vediamo una chiara lettura ora , di una pratica Religiosa e non solo, oltraggiante e denigrante per il vissuto soggettivo della Donna , che si trova in balia  preesistenti pratiche ed usi di prassi  che fanno parte della cultura Islamica in specifico, ma che … coinvolgono tragicamente  milioni e milioni di Vite Umane. Come noterete dalla ricerca , purtroppo la pratica dell’infibulazione non viene praticata solo In Africa o in paesi Arabi e mussulmani, ma viene praticata ed estesa anche in altre zone del mondo, Italia compresa . Ora diamo uno sguardo generale al fenomeno e seguiamo passo per passo , che cosa sono ed in che modo vengono praticate , quale danno per la persona.


1. Che cosa sono le Mutilazioni Genitali Femminili
Mutilazioni dei genitali femminili è il nome che è stato dato a tutte quelle pratiche tradizionali in cui si ha l'asportazione e/o l'alterazione di una parte dell'apparato genitale esterno della donna. Non è però così che le chiamano le popolazioni dei paesi in cui si praticano, che non accettano la forte connotazione negativa contenuta in tale espressione. Ogni gruppo usa i termini tramandati dalla propria tradizione che variano molto da un'etnia o da una regione all'altra, a seconda anche di quale tipo di mutilazione si tratta. Ad esempio le somale, quando ne parlano tra loro, ricorrono spesso al nome assai più domestico ed evocativo di "cucitura". Ma in genere tutte le popolazioni in cui è diffuso questo tipo di intervento su una parte così delicata del corpo femminile preferiscono il termine circoncisione. Si tratta di un termine neutro che viene usato in maniera impropria per assimilare le mutilazioni dei genitali femminili alla circoncisione maschile in cui, com'è noto, ci si limita a recidere solo la pelle che circonda il glande senza provocare nessun effetto mutilante sul corpo maschile. In tale modo con questa traslazione linguistica si sfumano le differenze radicali che vi sono tra i due tipi di operazione, con il risultato di occultare il carattere demolitore che ha invece la maggioranza degli interventi sui genitali femminili e accreditarne un'immagine più familiare e rassicurante.


Secondo la classificazione fatta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si possono distinguere quattro tipi principali di mutilazione: 


1) il I (primo) tipo consiste nel recidere il prepuzio o nella asportazione parziale o totale della clitoride (clitoridectomia):  "Sunna"è il nome tradizionalmente usato per designare questo tipo di mutilazione;


2) il II (secondo) tipo o escissione, consiste nel recidere il prepuzio e nell'asportazione, oltre che della clitoride, di parte o di tutte le piccole labbra;


3) il III(terzo) tipo, cioè l'infibulazione o circoncisione faraonica, è la forma di intervento più cruenta e consiste nell'escissione della clitoride e nell'asportazione delle piccole labbra e anche - soprattutto in passato, ma in area rurale ancora oggi — dell'asportazione parziale o totale delle grandi labbra e nella successiva cucitura dell'apertura vaginale ridotta a un piccolo pertugio — non più grande di un chicco di riso o di miglio — per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale;


4) il IV(quarto) tipo include tutta una serie di procedure che vanno dal trafiggere o punzecchiare lievemente la clitoride in modo da farne uscire alcune gocce di sangue a tutta una ampia casistica di manipolazioni che variano molto da una etnia all'altra - allungamento delle clitoride o delle labbra, cauterizzazione della clitoride, taglio della vagina (gishiri), introduzione in vagina di sostanze corrosive per restringerla o renderla asciutta.


Sono tutti interventi che nella maggioranza dei casi vengono effettuati senza anestesia da praticanti tradizionali, e comportano un alto tasso di mortalità, di complicazioni sanitarie e di disturbi psicologici. Per la clitoridectomia, che di fatto riguarda la grande maggioranza delle donne, e ancor più per la sunna le conseguenze sul piano medico-sanitario non sono così rilevanti come per l'escissione e ancor più per l'infibulazione.Le mutilazioni dei genitali femminili sono soprattutto un'usanza africana, dato che i casi extra-africani sono ritenuti dagli esperti di importazione recente. Mentre la sunna”  è praticata anche a nord, le altre sono soprattutto diffuse lungo tutta la fascia dell'Africa sub-sahariana - l'infibulazione in Africa orientale e la clitoridectomia nei paesi dell'Africa occidentale - un territorio vasto ed eterogeneo popolato da etnie con lingue, culture e religioni diverse, che hanno in comune uno stesso sistema economico-simbolico fondato sul rapporto tra Mutilazioni genitali femminili  e prezzo della sposa (come fosse uno scambio economico) . Dato il loro carattere sociale si applicano a tutte le donne di un determinato gruppo etnico o di una determinata società e si svolgono secondo tempi e periodicità stabilite. In genere le bambine vengono operate in una determinata stagione o mese dell'anno secondo scadenze periodiche, che variano da una etnia all'altra. Anche l'età in cui vengono fatti gli interventi cambia a seconda delle etnie e del tipo di mutilazione. Schematizzando molto si può dire che la clitoridectomia viene praticata nel periodo della primissima infanzia (dal 3° al 40° giorno di vita) soprattutto nelle società cristiane, ma anche in alcune società animiste e musulmane, e tra i 4 e i 14 anni nelle società musulmane e animiste. L'età dell'infibulazione varia invece dai 3 ai 12 anni e rari sono i casi di interventi nel periodo neo-natale.


2. Un lungo silenzio
Le mutilazioni dei genitali femminili hanno un'origine oscura relegata in un passato remoto che per alcuni fanno risalire ai faraoni, mentre per altri si estenderebbe fino all'antica Roma, un'origine resa ancora più oscura dal silenzio che le ha sempre circondate e che ha contribuito a farne un argomento tabù per le genti africane, ma anche a proteggerle dalla curiosità indiscreta di noi occidentali. Dietro questo silenzio ci sono molte cose: c'è un mondo di donne chiuso su se stesso, un mondo di interni, sospeso tra l'attesa e il timore di tagliare via una parte del corpo delle proprie bambine nel corso di cerimonie di cui per secoli le madri sono state le grandi registe, e c'è un mondo esterno, un mondo di uomini che si mantiene estraneo e distante, e che però su questo disciplinamento dei corpi femminili ha fondato le proprie strategie di potere. A tenere insieme e a dare coerenza a questi due mondi così distanti tra loro c'è una pratica cruenta che stringe in una morsa tutta la fascia dell'Africa sub-Sahariana, e che costituisce l'espressione simbolica di un complesso sistema economico e sociale di strategie matrimoniali diffuso in maniera capillare in tutta l'area. Si tratta di un meccanismo di domino fondato sul prezzo della sposa, cioè sul compenso che la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie in cambio di una donna illibata, il che vuol dire circoncisa - escissa, o infibulata che sia - pronta a rispedirla al mittente e a riprendersi il compenso versato - sia in bestiame che in denaro - se la donna non è operata come si deve. Il valore di una sposa dipende infatti dalla sua verginità e le Mutilazioni genitali femminili , sono una forma di protezione che inibisce nella donna desideri e tentazioni di rapporti prematrimoniali, ma che soprattutto la preserva e la difende da violenze e stupri. In questo silenzio rientra anche la tacita complicità dell'Occidente che con il colonialismo prima e con le politiche di cooperazione allo sviluppo poi ha preferito in maniere diverse ignorare le Mgf, trincerandosi dietro una forma di rispetto per altro inusuale delle tradizioni locali. Una consegna del silenzio che persino gli etnologi - questi addetti ai lavori sui costumi altrui - non sono stati in grado di rompere. Fatta eccezione delle testimonianze che compaiono a partire dalla fine del XVII secolo in quegli straordinari documenti etnografici che sono le relazioni di viaggio, poche sono le ricerche condotte sulle Mgf e quelle poche incomplete, anche perché per lungo tempo ad andare sul campo sono stati in prevalenza degli uomini che avevano, proprio in quanto uomini, difficoltà di accesso o scarso interesse per il mondo femminile.  A suggellare tale silenzio è poi venuto in anni più recenti il rifiuto a parlarne da parte delle dirette interessate. È rimasta famosa la posizione assunta dalle donne africane alla Conferenza di Copenhagen (*del 1980)dove si sono sottratte alle pressioni delle femministe americane che insistevano per inserire la questione delle Mutilazioni genitali femminili . nella loro agenda politica respingendo tale iniziativa come una ingerenza indebita nelle loro vite e nelle loro scelte politiche. Poi qualcosa è cambiato: da qualche anno a questa parte il silenzio ha lasciato il posto a una proliferazione di discorsi, che stanno trasformando le Mutilazioni  in una nuova questione sociale legata al rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della salute delle donne e delle bambine.


3. Origine delle Mutilazioni genitali femminili
Se non è facile ricostruire l'origine delle Mutilazioni genitali femminil., data la varietà delle loro forme e la diffusione in una zona così ampia del continente africano, non mancano però le ipotesi, che cercano di accreditarne una determinata filiazione. Secondo alcune, l'escissione risale all'antico Egitto, ma la si ritrova anche a Roma, dove era praticata sulle schiave e appare legata ad aspetti patrimoniali del corpo femminile. Sempre a Roma troviamo l'infibulazione - un termine d'origine latina - solo che inizialmente designava un'operazione esclusivamente maschile. Si trattava di una specie di spilla - fibula - che veniva applicata ai giovani per impedire loro di avere rapporti sessuali. Ma il centro della diffusione dell'infibulazione femminile sembra che sia stato l'Egitto faraonico, come attesterebbe la denominazione di "circoncisione faraonica". Comunque allo stato attuale l'origine delle mutilazioni dei genitali femminili sembra destinata, come si è già accennato, a restare indeterminata. L'unica cosa certa è che non è stato l'Islam a introdurre in Africa le mutilazioni dei genitali femminili che erano già presenti in loco assai prima della sua diffusione. Si tratta infatti di usanze indigene profondamente radicate nelle società locali e preesistenti alla penetrazione dell'Islam nell'Africa sub-Sahariana e centro-orientale iniziata a partire dal 1050, dopo essersi assestato nei secoli precedenti nell'Africa mediterranea e avervi praticamente cancellato la presenza delle antiche chiese cristiane.  L’adattamento e la pratica da parte dell’Islam radicale all’abuso di questa pratica assolutamente dolorosa e disgrata e riuscita col tempo a penetrare nel tessuto sociale e fondativo Islamico radicale , in particolare in nell’africa , sotto Sahariana , infatti, è stata resa possibile dalla presenza nelle culture africane di alcuni elementi - come le strutture patrilineari e la concezione di Dio fondata su un forte senso di dipendenza le quali ne  hanno favorito l'accettazione, permettendogli di radicarsi nel tessuto tradizionale molto più di quanto non siano riuscite a fare le varie chiese cristiane che si sono impegnate alcuni secoli più tardi nell'evangelizzazione del continente africano. Questa "africanizzazione dell'Islam" - che si è espressa tra l'altro anche nell'adozione del nome locale di Dio per la traduzione del nome di Allah - ha reso la religione islamica più tollerante nei confronti delle mutilazioni dei genitali femminili, che invece sono state più contrastate da parte cristiana, venutasi spesso a trovare in aperto conflitto con le culture locali. Il caso più clamoroso resta la ribellione nei confronti dei missionari che avevano proibito di fare l'escissione delle donne Kikuyu, un paese in Kenya nel 1929.  Questo diverso atteggiamento della religione islamica e di quella cristiana si riflette anche nella percentuale di donne sottoposte alla mutilazione dei genitali nei due contesti. Le cifre parlano chiaro: mentre in area cristiana - dove predomina la clitoridectomia - le percentuali oscillano tra il 20 e il 50 per cento, in area islamica — e in particolare nel Corno d'Africa, dove l'infibulazione è di rigore - si toccano punte che vanno dall'80 al 100 per cento. Con il tempo l'identificazione dell'Islam con la tradizione indigena non ha fatto che rafforzarsi a tal punto che è stato però il maggiore responsabile della loro diffusione al di fuori dell'Africa, esportandole tra l'altro in Indonesia e in Malesia. Pur non essendo stata all'origine di tali pratiche nel continente africano, la religione islamica le ha di fatto legittimate, le ha difese e le ha giustificate contribuendo così a perpetuarle e a diffonderle, anziché combatterle come hanno cercato di fare le chiese cristiane. Oggi questa stretta identificazione dell'Islam con le culture tradizionali sta diventando un problema. C'è una parte dell'Islam tra cui il clero fondamentalista formatosi in Arabia Saudita che cerca di prendere le distanze dalle mutilazioni più distruttive - come l'escissione e l'infibulazione - adoperandosi a rinviare al mittente, ossia alla cultura tribale, la sua pesante eredità, che mal si concilia con le ambizioni fondamentaliste di "islamizzare" la modernità.


4. Riti di iniziazione
Quello dell'origine è comunque un falso problema, perché rimuove più che aiutare a capire le ragioni della presenza delle M.G.F.  autorizzando l'idea di una sopravvivenza arcaica, e mettendo in secondo piano il fatto che le Mutilazioni , sono invece un istituto tuttora molto attivo nel determinare la vita di relazione e di scambi su cui si basa l'organizzazione sociale di gran parte delle società africane. Il loro profondo radicamento è dovuto a una complessa costellazione di fattori che pur variando da un'etnia all'altra presentano alcuni tratti comuni. Si tratta del ruolo fondamentale che tale tipo di pratiche tradizionali ha nella costruzione dell'identità di genere (in questo caso , Femminile)  e nella formazione dell'appartenenza etnica, oltre che nella definizione dei rapporti tra i sessi e le generazioni (nella famiglia). Prima di esaminare in maniera più dettagliata tutti questi aspetti su cui si esercita l'efficacia simbolica delle mutilazioni dei genitali femminili, bisogna definirne meglio la fisionomia. Per pratiche tradizionali si intende quegli atti abituali, di uso comune, che sono stati trasmessi dalla generazione passata e che con molta probabilità saranno passati a quella successiva. Le mutilazioni dei genitali femminili sono però un tipo particolare di pratiche tradizionali. Con esse siamo infatti nell'ambito dei riti di passaggio, ovvero di quelle pratiche cerimoniali che guidano, controllano e regolamentano i mutamenti di status, di ruolo, o di età delle persone e così facendo scandiscono le varie fasi del ciclo di vita trasformandole in un percorso ordinato e dotato di senso che ne soddisfa i bisogni di identità e di riconoscimento. In particolare le mutilazioni dei genitali femminili sono una componente fondamentale dei riti di iniziazione, attraverso cui nelle società tradizionali si diventa "donna;a questo provvedono i riti che trasformano l'appartenenza sessuale ascritta in uno status acquisito, riscattando il destino biologico legato al sesso per trasformarlo in una "essenza sociale": la donna. Sono infatti i riti che decidono dell'identità delle persone proprio a cominciare da quelle appartenenze ascritte come il sesso e l'età. Sottraendole alla biologia, sono i riti che notificano alla persona la sua identità, indicandogli ciò che è e ciò che deve esser e questo ritengo essere assolutamente denigratorio e mortificante per la donna che lo subisce, senza contare la sofferenza morale e pressione psicologica in atto . Sono loro che fanno conoscere e riconoscere una differenza preesistente, come quella che separa i sessi, facendola esistere in quanto "differenza sociale". Proprio in virtù di questo loro potere simbolico i riti di passaggio sono stati definiti "atti di magia sociale". Non solo perché sono in grado di creare delle differenze dal nulla nel momento stesso in cui notificano alle persone la loro nuova identità, ma perché fanno riconoscere alla comunità come legittimo quello che invece è un limite arbitrario che istituisce una divisione fondamentale dell'ordine sociale, come quella tra sposati e non sposati, o tra iniziati e non iniziati, o quella ancora più radicale tra maschi e femmine.


5. Una costruzione forzata della identità femminile
Naturalmente questo non accade solo in Africa. Con sfumature diverse ogni società trasforma la sessualità biologica in una costruzione culturale differenziando il maschile dal femminile per decidere della sua appartenenza di genere. Il genere è un processo di definizione del sé secondo l'adesione ai modelli culturali che si sono storicamente costruiti sulla differenza di sesso. Si tratta per lo più di modelli impliciti nelle forme di agire, che proiettano la differenza tra i sessi sul piano culturale riscattandola dalla pura appartenenza biologica. Mentre nelle società complesse lo statuto del genere è soggetto a una negoziazione continua, nel senso che nessuna delle distinzioni che oggi contrappongono uomini e donne è destinata a rimanere a lungo uguale a se stessa e come tale non può essere data per scontata, nelle società tradizionali lo statuto di genere appare assai più fisso e allo stato attuale abbastanza immodificabile, questo non è un dato di poco conto.
Le Mutilazioni Genitali Femminili ,  provvedono ad asportare la parte "maschile" dell'apparato genitale femminile, la clitoride assimilata a un piccolo pene, cancellando la bisessualità originaria fondata sulla presenza in entrambi i sessi di rudimentali organi genitali dell'altro sesso: nel maschio è il prepuzio a essere asportato con la circoncisione perché è considerato un residuo di femminilità per il suo aspetto di guaina. Di fatto si tratta di due operazioni complementari, da una parte si nasconde l'organo genitale femminile e dall'altra si scopre l'organo maschile. Solo con l'escissione delle sue parti maschili una ragazza può diventare una donna a pieno titolo. In tal modo, nonostante che la costruzione dell'identità di genere sia soprattutto un processo simbolico, tale manipolazione fisica dei corpi rafforza l'impressione che l'identità femminile sia prodotta e mantenuta attraverso la circoncisione. Si ha così una sorta di naturalizzazione delle procedure attraverso cui la cultura costruisce le appartenenze di sesso, con la conseguenza di rendere molto difficile ogni tentativo di mettervi fine, sia a livello individuale che collettivo. Inoltre per le donne che subiscono questo tipo di intervento forzato, viene loro resa difficile la vita, il movimento naturale delle gambe, del corpo come conseguenze dell'operazione che rende assai problematica tutta una serie di movimenti.. questo fa veramente spavento e rabbia , inoltre è una denigrazione e sofferenza morale , psicologica e fisica che queste povere donne hanno da avere e dal momento che l'intervento ravvicina tra loro le gambe, restringendone lo spazio intermedio elimina in tal modo la possibilità di allargare troppo le cosce, costringendo il corpo della donna a un portamento e a un'andatura che potremmo definire centripeta. Una volta infibulate le bambine vengono rieducate a usare il proprio corpo, a selezionare alcuni movimenti e posture compatibili con il cambiamento subito a seguito dell'intervento e ad abbandonarne altri che possono compromettere il risultato dell'operazione, riaprendo una ferita appena suturata. ´Attenta, non correre, non giocare a palla, ti strappiª, raccomandano le madri, che si fanno carico di questa forma di disciplinamento dei corpi delle proprie figlie secondo norme e modelli di comportamento ispirati al ruolo subordinato della donna nella società e improntati a una rigida separazione e differenziazione tra il maschile e il femminile. L'operazione mette tra l'altro fine a ogni forma di promiscuità tra bambini e bambine, che cessano di giocare con i propri coetanei non solo perché il nuovo assetto corporeo rende impossibile quel tipo di attività che siamo abituati ad associare al maschile, come correre, giocare a palla, saltare eccetera, ma perché è il nuovo status di donna a non lo permetterlo più. Possiamo quindi considerare le mutilazioni dei genitali femminili come "un marcatore sessuale", non solo perché sottraggono il corpo della donna all'ambivalenza dei suoi significati per consegnarlo alla sua identità di genere, ma anche perché naturalizzano la differenza tra i sessi, riuscendo a occultare la costruzione culturale dell'appartenenza di genere. Si è visto come le mutilazioni dei genitali femminili acquistino il loro significato all'interno dei riti di iniziazione, di cui costituiscono l'evento centrale. Può anche accadere che in alcuni casi l'elemento cerimoniale sia ridotto al minimo e costituiscano esse stesse la performance rituale. Ogni operazione si svolge infatti secondo una sequenza fortemente ritualizzata che si ripete immutata da madre a figlia. Tutto accade in un luogo appartato e in un'ora cerimoniale, con un'operatrice che viene da fuori ed è gestita nel segreto di una comunità femminile che a operazione avvenuta si apre e accoglie l'intera comunità, o il vicinato se siamo in città, per festeggiare e riconoscere pubblicamente il nuovo status di donna, quasi sempre accompagnato da doni con forte carica simbolica nei colori e nelle forme.


6. Aspettative e rappresentazioni sociali
La casistica è molto ampia ma pur variando enormemente a seconda del tipo di mutilazione, dell'età delle iniziande, e delle abitudini e tradizioni locali, la pratica si svolge secondo una sequenza rituale scandita dalle tre fasi di separazione, margine e aggregazione che caratterizzano ogni rito di passaggio. La prima fase è quella di separazione quando all'alba le bambine da operare vengono portate via da casa e riunite in un luogo lontano da sguardi indiscreti dove avverrà l'operazione. La seconda fase è quella liminale, un periodo di tempo sospeso tra la sofferenza dovuta all'operazione e la cicatrizzazione delle ferite, che le bambine trascorrono sdraiate per terra con le gambe fasciate, in un luogo appartato lontano dalla famiglia, in attesa della guarigione. La terza e ultima fase è quella di aggregazione, quando vengono reinserite nella comunità in festa e colmate di doni, per celebrare il loro ingresso nel mondo femminile.  Ovunque è lo stesso scenario variopinto di donne, di madri, di praticanti, di sorelle, zie, nonne, vicine, e di bambine eccitate di diventare finalmente come le altre, delle donne. Eccitate, ma anche impaurite di fronte a quel coltello o quella lama di rasoio che permetterà loro di accedere al mondo femminile solo distruggendo le manifestazioni più appariscenti della loro femminilità. C'è infatti una forte pressione sociale da parte del gruppo dei pari e lo spettro di un'emarginazione senza possibilità di riscatto nei confronti di chi vi si sottrae, che vale sia per le madri che per le figlie. Qui è in gioco la coppia puro/impuro sostenuta da un'etica fondata sul sentimento della vergogna, che sommate costituiscono un terribile deterrente. Su questa stessa lunghezza d'onda sono le spiegazioni locali della pratica, basate in genere su alcuni stereotipi riconducibili tutti alla necessità di controllare e limitare la sessualità femminile, sentita come qualcosa di ingovernabile e di minaccioso. Il corpo naturale è impuro perché è aperto e violabile, esposto a una promiscuità che rischia di essere contaminante non solo per la singola donna, ma per tutto il suo gruppo familiare che è destinato al discredito e alla vergogna. In questo scenario le mutilazioni dei genitali femminili costituiscono l'unico mezzo per proteggere la donna da un desiderio maschile sempre in agguato e, soprattutto, da se stessa. A difendere quel corpo inerme provvede una costruzione culturale dei corpi, che li priva di ogni tumescenza ed eccesso rendendoli lisci e innocenti dopo averne confiscato la naturalezza e il piacere.  Le mutilazioni dei genitali femminili sono dunque il segno di una doppia appartenenza: alla comunità e al genere, di cui costituiscono le condizioni di possibilità e di rappresentazione ma sono pratiche assolutamente Discriminatorie, Dolorose , Eticamente ed Umanamente Infami come fossero torture praticate verso le “identità” inferiori , come se queste donne assumessero il “ruolo” delle povere cavie inferiori e da attribuire la loro posizione , con queste torture vere e proprie , mentali, fisiche, psicologiche .


7. Strategie di disciplinamento
A questo punto appare sufficientemente chiaro come il prezzo della sposa non solo sia una risorsa di vitale importanza per ogni famiglia, ma come sia un istituto che implica un normativa rigida, in modo da rendere appetibile la ragazza a cominciare dalla sua illibatezza, l'età pubere, la docilità, ecc. In questo contesto ogni donna che nasce diventa per il proprio gruppo familiare una risorsa fondamentale che deve arrivare al matrimonio nelle condizioni migliori, ovvero casta. A questo provvedono, come si è appena visto, le mutilazioni dei genitali che costituiscono secondo le credenze locali il mezzo più sicuro per proteggere la verginità delle future spose con l'infibulazione e per preservarne la castità con l'escissione. Le mutilazioni dei genitali femminili sono una forma di disciplinamento del corpo femminile, attraverso cui viene perseguita una strategia di assoggettamento delle donne. Sono lo stigma che il gruppo sociale imprime sui loro corpi, secondo procedure che non sono riconducibili a una mera forma di esteriorità, a qualcosa che li condiziona dall'esterno. È piuttosto qualcosa che li costruisce dall'interno e li addestra secondo schemi di docilità che ne predispongono la confisca da parte di un mondo di uomini che si mantiene estraneo e distante, e che su questa estraneità fonda le proprie strategie di potere!. Il loro potere non si esercita su una repressione degli istinti, su meccanismi di coercizione basati su una relazione di dominio del tipo comando/obbedienza che per essere efficace deve essere esercitata quotidianamente, ma si iscrive nei corpi delle donne mutilandoli e li disciplina una volta per tutte nel momento stesso in cui li produce. Le mutilazioni dei genitali femminili sono la forma stessa in cui il potere si iscrive nei corpi, producendoli, dal momento che esse non danno luogo a procedure coercitive di condizionamento bensì alla costruzione stessa dei corpi.

Alcuni Link per approfondire il tema :





Cosa accade In Italia :


Tesi di dottorato sul tema :

Breve ricerca a cura di Samantha Buldrini

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